Quanto costa un e-commerce e quanto investire?
Sono le domande di chi si avventura nel magico mondo del commercio elettronico. Vengono poste agli esperti del settore online e offline, ovunque sia possibile.
Questa domanda ricorrente non ha però una risposta semplice, né tanto meno standard; pesano tantissimo elementi come il settore di riferimento, la piattaforma scelta, i costi vari di mantenimento e tanto altro ancora.
Abbiamo intervistato Francesco Chiappini, CEO e founder di E-commerce School – scuola professionale di e-commerce management – formatore e autore, esperto del settore ormai dal 2002.
1- Ciao Francesco, ti occupi di consulenza e formazione verticale sull’e-commerce da oltre 10 anni. Immagino che questa sia una domanda ricorrente: quanto costa un e-commerce?
Ciao Valentina, sì, la domanda è ricorrente e sono abituato a sentirla!
Non è standardizzabile in quanto il costo di un progetto e-commerce – preferisco chiamarlo investimento – dipende dal settore di riferimento e dal tempo necessario per raggiungere il break even.
Quello che succede spesso è che l’imprenditore ha un budget a disposizione e parte da quello.
Invece il processo è inverso.
Deve essere fatto un business plan, e da lì poi capire quanto è necessario investire per entrare in quel determinato settore e con quanti soldi.
2- Oltre alla piattaforma quali costi bisogna considerare?
Un errore che spesso si commette è di pensare che la piattaforma sia l’intero e-commerce. Questa, invece, è solo una piccola parte del progetto.
È sicuramente importante, ma pur sempre un segmento di un qualcosa di più grande.
Un errore molto comune è di investire tutto il budget sulla piattaforma, rimanendo poi subito a corto di fondi, causa di una rapida implosione.
Il consiglio che voglio dare è di investire massimo il 15% sulla piattaforma.
Il resto servirà per far crescere l’impresa e promuoverla.
Questo però non significa che la piattaforma debba far schifo!
Per quanto riguarda la parte IT, occorre un buon gestionale, software di terze parti e tutto il necessario per automatizzare al massimo i processi interni.
Bisogna considerare i costi strutturali e quelli del team interno, dato che è difficile fare numeri da solo; inoltre occorre un buon piano marketing con i relativi budget allocati per canale.
Importante anche includere tutti quei costi variabili che, se non considerati, rodono il margine sui prodotti.
Un esempio sono le spese di spedizione, sistemi di pagamento, etc.
3- Rispetto ad un negozio retail, l’investimento è minore?
No, e non c’è motivo per il quale dovrebbe esserlo.
Con un negozio puoi raggiungere una parte limitata di pubblico (la via, il quartiere, la città o la provincia al massimo).
Online, invece, puoi raggiungere un target molto più ampio, potenzialmente tutto il mondo.
Per questo motivo, più il settore che vuoi attaccare è grande e più il budget da mettere a disposizione sarà corposo.
Se invece si lavora su nicchie di mercato, si possono attuare con intelligenza e pianificazione delle strategie a basso costo, per partire con sicurezza e poi scalare nel tempo e fare bootstrapping.
Ossia autofinanziarsi con gli introiti.
Inoltre, se in un negozio vi sono dei costi di struttura, arredo, personale, attrezzature etc, è anche vero che gestire un e-commerce implica sostenere spese che riguardano hosting, aggiornamenti vari in termini di IT e usabilità, software di ogni tipo, gestione della spedizione e post vendita, personale e costi di marketing non indifferenti.
Nel mio corso in Ecommerce Management tratto approfonditamente questi punti all’interno della pianificazione commerciale del business, in quanto fondamentali per approcciarsi ad esso in maniera corretta.
4- Che cosa consigli a chi ha poco budget?
Meno budget possiedi e più necessiti di competenze.
Questo perché non puoi permetterti di esaurirlo pagando personale qualificato.
Si può partire con budget ridotti verticalizzando su nicchie di settore oppure sfruttando i marketplace per fare attività di pure player online (consigliato però se si vendono prodotti propri).
In ogni caso interroghiamoci sul concetto di “piccolo budget”, in quanto per fare impresa ad ogni livello sono necessari capitali:
un bar può costare centinaia di migliaia di euro, una pizzeria idem, un centro estetico dagli 80 mila euro in su.
Perché un e-commerce dovrebbe costare di meno?
5- Ad oggi è un buon investimento? Che cosa consigli?
Ad oggi è un ottimo investimento. Ci sono spazi liberi, nicchie di mercato da attaccare ed opportunità che probabilmente tra dieci anni non ci saranno più.
O saranno presidiate da altri.
E’ vero che molti e-commerce in Italia chiudono al primo anno (circa il 90% dicono le statistiche). La causa principale è la mancanza di competenze e cultura nel fare business.
Invece, chi pianifica e investe, ma soprattutto sa come posizionarsi commercialmente e promuoversi con le giuste leve, porta a casa dei risultati.
Come prima cosa, consiglio di formarsi in maniera continuativa nel settore, perché è fondamentale conoscere le peculiarità e le competenze necessarie per fare impresa con l’ e-commerce, dato che è molto diverso dal farlo offline.
Ringraziamo Francesco Chiappini per la sua disponibilità.
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Valentina Mangia
Emanuele